Eva e Franco Mattes, Freedom ( 2010), Still from Video, Courtesy of the artists

 

Freedom (2010) è una performance online di Eva e Franco Mattes. L’ambientazione è il famigerato videogioco sparatutto Counter-Strike. Eva, nei panni di un avatar soldato, si aggira per il campo di battaglia implorando chiunque incontri di non spararle, perché sta cercando di fare una performance. Le sue suppliche vengono però costantemente ignorate, e la performance si trasforma in un ciclo di morte continua, in cui Eva è l’unica vittima. Tutti, tranne Eva, sono come posseduti dai propri Avatar/Soldato. Lei, al contrario, resiste all’Avatar, rifiutandolo completamente. E finisce morta. 

 

Milizia Truddi Chase

Nel 1997, Sadie Plant dichiara: 

 

Le nuove reti sono così idonee a queste personalità multiple che sembrerebbero state create apposta per loro. […]  Come se stessero costruendo i propri circuiti, assemblando in segreto sistemi di supporto per le loro vite aliene, creando i mezzi tecnici per emergere e sopravvivere, reti sulle quali avrebbero potuto replicarsi, comunicare, creare le proprie strade. Culture in cui potranno finalmente prosperare (1997, p.183). 

 

La Personalità Multipla, ora conosciuta come Disturbo di Dissociazione dell’Identità, si caratterizza per la presenza di due o più identità distinte che assumono ricorrentemente il controllo del soggetto. Ogni personalità, (in gergo chiamata Alter) è «un’entità unica, separata dalle altre [e  provvista] di  movenze proprie, espressioni facciali proprie, abitudini, gusti, e schemi di linguaggio» (Plant,1997, p.182). Truddi Chase, una donna diventata caso mediatico all’inizio degli anni Novanta, trova il modo di convivere con le sue 92 personalità senza impazzire, riconoscendo a tutte un ruolo e una funzione precisi: c’è  la Guardiana, la Tessitrice, l’Interprete, ma anche la Stacanovista, la Festaiola, la Barbie, la Catatonica, la Sofisticata, la Sboccata e tante altre. Insieme formano la “Milizia Truddi Chase”  «risultato di un immenso sforzo collaborativo; comprende la delega di poteri e il coordinamento di numerose funzioni circoscritte e in gran parte autonome» (Plant, 1997, p. 181). Nel Disturbo Dissociativo di Identità, infatti, anche se ognuno dei sè è ben delimitato e distinto da tutti gli altri, nessuno di questi è in grado di sussistere da solo o sfuggire alla reciproca vicinanza: «Nessuno è mai direttamente consapevole di ciò che accade agli altri.  Qualcuno agisce, qualcun altro si nasconde terrorizzato, qualcun altro si agita inquieto nel sonno, eppure la rabbia o il dolore dell’altro sono un mormorio che risuona indistintamente» (Shaviro, 1996, trad. mia). Le personalità dunque devono trovare il modo di coesistere collaborando fra di loro, per  far sorgere  una formazione, a volte compatta a volte ribelle, chiamata in gergo  Sistema, nel quale il corpo e l’identità ufficiale, quella anagrafica del nome e cognome, diventano il rappresentante delegato del Sistema, un proxy, attraverso cui tutte le personalità prendono vita:  «“The woman” who is Truddi Chase, the self who appears continuously to others and who serves as her legal representative in the world, is just such an empty space. She is merely a puppet or a robot, a “facade,” manipulated and ventriloquized by the other selves. She remembers nothing, and she speaks only from dictation» (Shaviro, 1996,). 

 

Prossificazione 

Il digitale richiede e implementa un insieme molteplice di mediatori tecnici — «maschere, persone, avatar, router,nodi template e generici segnaposto» (Steyerl, 2018, p. 47) — attraverso i quali l’umano diffonde una presenza online per procura. Il termine proxy, in informatica, indica  un tipo di server che funge da intermediario tra il computer e la rete internet. Se la mia configurazione prevede un proxy, qualsiasi richiesta io voglia fare al server (un file, una pagina web o qualsiasi altra risorsa disponibile) sarà il proxy a eseguirla al posto mio, frapponendosi tra me e la rete  e diventando così l’unica identità visibile. Un server proxy (esattamente come un Alter) ha delle funzioni specifiche: fornisce l’anonimato durante la navigazione, e crea una “barriera di difesa” (Firewall) verso il web, agendo da filtro per le connessioni entranti/uscenti monitorando, controllando e modificando il traffico interno.  E se è vero che nel proxy (ma anche nel router, nei template, e in quasi ogni surrogato digitale)  sono contenuta anch’io,  allora si tratta di una me «delegata, tradotta e moltiplicata» (Latour, 1996).  

Gli Avatar, proprio come  server  proxy, si frappongono fra il sé fisico e il mondo virtuale diventando momentaneamente ma “ufficialmente”  noi in virtù della finzione del «come se» (Mulvin, 2021, p. 25). Le finzioni però non sono innocue, fungono da sempre come mezzi efficaci per generare realtà: nella finzione ufficiale patriarcale, per esempio, gli uomini contano di più delle donne,  e una coppia sposata vale di più di una coppia di fatto. Nella finzione ufficiale dell’arte, invece, un artista credibile è sempre visibile.  Allo stesso modo, giocando online mettiamo in moto una finzione, ci comportiamo come se fossimo noi l’avatar, ed effettivamente creiamo una realtà in cui lo siamo.  Tuttavia, questi corpi digitali fanno semplicemente le nostre veci nel digitale. Si tratta di un legame  tramite delega (di personalità) che, in quanto tale, implica un rapporto  tra soggetto rappresentante e rappresentato. In tale rapporto, l’essere umano chiede implicitamente al suo proxy: sarai il mio fedele rappresentante? Questa domanda contempla la possibilità di un tradimento: 

 

Recentemente è stato scoperto che nei videogiochi l’avatar può influenzare le  scelte e il comportamento del giocatore nel gioco. Questo tipo di relazione tra utente e personaggio viene definito Effetto Proteo e si riferisce al fenomeno per cui le caratteristiche grafiche degli avatar virtuali possono condizionare il comportamento o gli atteggiamenti dei giocatori all’interno del gioco.  Ad esempio, è stato dimostrato che gli individui che giocano con avatar più alti agiscono con maggiore sicurezza e negoziano in modo più aggressivo, indipendentemente dalla loro altezza fisica reale (Szolin et al, 2023). Così, le scelte che faccio quando sono il mio avatar soldato nel mondo di Counter-Strike non sono le stesse che farei se fossi me stessa o se mi trovassi nei panni di un avatar pacifista. In un certo senso, quando sono nel gioco sono posseduto dell’Avatar, è l’avatar che decide o media le mie decisioni «Heiko ha parlato della resistenza del suo avatar a completare una famigerata missione di tortura, nonostante il suo interesse di gamer nel vedere come si sarebbe svolta. Non l’ha fatto, ha detto, Non potevo fare quella missione con lui e non aveva senso…”» (Banks, 2015, trad. mia). Insomma, nel gioco non ci si limita a “indossare” l’avatar come una maschera o un costume, ma ci si impegna in processi di delega, durante i quali il personaggio può prendere temporaneamente un ruolo decisionale, e non solo nella dimensione del videogioco. Sembra infatti che l’effetto proteo possa trascendere l’ambiente virtuale e influenzare il comportamento e gli atteggiamenti degli individui anche fuori da gioco, nel mondo fisico:

 

So sometimes the avatar has a very tasty hairstyle. So because it is in the virtual world I try to bring it in the real world, so you kind of go to the barber shop and you just run that hairstyle, yeah. And two, take for example the clothing styles, sometimes the clothes are just nice and decent, so you just try to go out and pick some just to try an imitate the avatar (Gamer Anonimo, in Szolin et al., 2023b). 

 

Gli avatar, insomma, stanno  iniziando  a fuoriuscire dal virtuale per insinuarsi dentro di  noi come personalità nuove di zecca, pronte per abitare il mondo fisico attraverso i nostri corpi. Allora ci si potrebbe chiedere, chi è davvero il proxy? Chi è l’Avatar? 

 

Avatar Leak

Bruno Latour, nel saggio On Technical Mediation  (1994),  sottolinea come la mediazione tecnica non sia solo un programma di azioni (cioè una serie di obiettivi, passi e intenzioni), ma soprattutto un mezzo di spostamento che porta alla produzione di qualcosa di assolutamente nuovo. Che cosa significa? Utilizziamo l’esempio fornito dallo stesso Latour: dire che le armi uccidono le persone è molto diverso dal dire che le persone uccidono con le armi. Infatti, se dico che le pistole uccidono le persone, definisco automaticamente l’arma come agente (e non come strumento). In quest’ottica, la persona sarebbe un semplice intermediario passivo.  Al contrario, affermando che le persone uccidono con le armi, definisco le armi come strumenti necessari a un agente (una persona) per completare l’azione di uccidere. Latour però ci dice che c’è una terza opzione: ciò che realmente accade in virtù del processo di mediazione è la creazione di un legame, di un nuovo scopo che non esisteva prima e che modifica in qualche misura sia l’arma che l’uomo che la porta:

 

You are another subject because you hold the gun; the gun is another object because it has entered into a relationship with you.  The gun is no longer the gun-in-the-armory or the gun-in-the-drawer or the gun-in-the-pocket, but the gun-in-your-hand, aimed at someone who is screaming. What is true of the subject, of the gunman, is as true of the object, of the gun that is held. A good citizen becomes a criminal, a bad guy becomes a worse guy; a silent gun becomes a fired gun, a new gun becomes a used gun, a sporting gun becomes a weapon. (…) Neither subject or object (nor their goals) is fixed. ( Latour, 1994, p. 33) 

 

In questa unione, essere umano e mediatore tecnico manifestano un’agentività distribuita (Latour, 1996), e l’effetto Proteo sembra dimostrare che tale agentività, sul piano fenomenologico, si articola come una vera e propria autonomia del proxy.  

Se è vero che i nostri Avatar ci offrono i loro corpi digitali per esistere  in una realtà altra, è altrettanto vero che noi offriamo loro i nostri corpi carnali affinché possano vivere nel mondo fisico attraverso di noi. Così, mentre il virtuale  collassa nel reale, nascono Sistemi di Identità Multiple di cui gli umani sono soltanto i rappresentanti ufficiali.

Nel Disturbo Dissociativo dell’Identità, non accettare una nuova personalità può significare la morte del Sistema, in quanto l’Alter potrebbe prendere completamente il sopravvento e distruggere tutte le altre identità. Allo stesso modo non possiamo rifiutare i nostri Avatar, e tutti i proxy attraverso cui diffondiamo la nostra presenza online, liquidandoli come semplici strumenti, perché questi sono ormai parte attiva delle nostre esistenze, e diventano «sempre più intelligenti. Impetuosi nel rivendicare la loro esistenza e determinati a sopravvivere» (Plant, 1997, p.182). 

 

Freedom(dal min. 6.40)

 

Bibliografia

Banks, J. (2015). ‘Object, Me, Symbiote, Other: A social typology of player-avatar relationships’  First Monday, Vol. 20(2). Doi: https://doi.org/10.1016/j.chb.2023.107694.

Latour, B. (1994), On Technical Mediation. Philosophy, Sociology, Genealogy, Common Knowledge, Vol. 3(2).  Disponibile su: http://www.bruno-latour.fr/sites/default/files/54-TECHNIQUES-GB.pdf ( Accesso 4 Gennaio 2024) 

Latour , B.(1996) , On Interobjectivity, Mind, Culture, and Activity, Vol3(4). Disponibile su: http://www.bruno-latour.fr/sites/default/files/63-INTEROBJECTS-GB.pdf (Accesso 4 Gennaio 2024) 

Mulvin, D. (2021), Proxies, The Cultural Work of Standing In, MIT Press, Cambridge.

Plant S. (1997), Zeros+Ones, Digital Women and the New Technoculture, Furth Estate, London; Trad. It (2021),   Zero, Uno. Donne Digitali e Tecnocultura, Luiss University Press, Roma

Shaviro, S. (1996), Doom Patrols. A Theoretical Fiction about Postmodernism, Disponibile su:  http://www.dhalgren.com/Doom/index.html  (Accesso 4 Gennaio 2024) 

Steyerl,  H. (2017), Duty Free Art.  Art in the Age of Planetary Civil War, Verso, London; Trad It. (2018) Duty Free Art. L’arte nell’epoca della Guerra Civile Planetaria, Johan & Levi, Milano.

Szolin, K., Kuss, D. J.,  Nuyens, F.M.,  Griffiths,   M. D.  (2023) Exploring the user-avatar relationship in videogames: A systematic review of the Proteus effect, Human–Computer Interaction,38:5-6, 374-399.  Doi: 10.1080/07370024.2022.2103419

Szolin, K., Kuss, D. J.,  Nuyens, F.M.,  Griffiths,   M. D.  (2023) I am the character, the character is me”: A thematic analysis of the user-avatar relationship in videogames.  Vol. 143. Doi : https://doi.org/10.1016/j.chb.2023.107694.

Videografia:

Truddi Chase, The Oprah Winfrey Show ( 1990),  disponibile su : https://www.youtube.com/watch?v=N0zZmh-JFyM&t=672s (Accesso Febbraio 2023). 

Eva e Franco Mattes, Freedom ( 2010), Youtube Video, Disponibile su : https://www.youtube.com/watch?v=fV94DyvZfFQ (Accesso Gennaio 2024).

 

Biografia:

Arianna Ferrari si occupa di performance. Ha presentato progetti in spazi indipendenti, gallerie e centri culturali, sia in Europa che in Nord America. Il suo lavoro è stato incluso in pubblicazioni indipendenti (Keep it Dirty Vol.a, Punctum Books, NY; EmegencyINDEX vol. 2-8, Ugly Duckling Presse, NY) e accademiche (¡Mamá, de mayor quiero ser un cyborg! La performance como resistencia somatopolítica, Manuel Lopez Garcia, Universitat Politecnica de Valencia; The embodiment of gender identity in contemporary female performers, Felicie Kertudo, King’s College London). Ha recentemente collaborato con l’Università di Leeds con una Performance Lecture sulle Backrooms come stage performativi. In Italia ha scritto per la rivista Machina – DeriveApprodi.