Norbert Weiner, notoriamente conosciuto per essere, insieme a Claude Shannon, uno dei padri della cibernetica moderna, sosteneva che la tecnica fosse il luogo in cui si rispecchiasse il pensiero di una certa epoca. Ritengo questa  premessa importante, in quanto rende evidenti i limiti di una narrazione che definisce grandi temi come la tecnica, la scienza e i corpi in termini assoluti. Qualsiasi attività umana avviene in uno specifico ambiente socioculturale situato in un certo luogo e in una determinata porzione di tempo: per questo occorre sempre tenere a mente che le verità che formuliamo sono portatrici mai neutrali di una certa prossemica piuttosto che un’altra. Come sottolinea Laura Tripaldi (2023, p.69), la scienza, prima di produrre sapere, produce sguardi. Proprio per questo, indagare argomenti complessi richiede l’applicazione di un metodo critico quanto più transdisciplinare possibile. 

 

Tecnologia come procedura, procedura come magia

La sera torno a casa e con uno schiocco di dita posso accendere la luce. Posso pagare la spesa con l’orologio, in un rapido gesto di polso. Posso abbassare le tapparelle con la voce. La tecnologia sembra un’azione del mio stesso corpo, tutto accade attraverso gesti. Il futuro della tecnologia sarà una danza. Tutto apparirà così fluido, così ovvio che potremmo quasi credere che a far accadere le cose siamo davvero noi. Noi danzeremo e cose accadranno. Apparirà magia. La magia, così intesa, è una procedura, e in un mondo in cui spesso le “procedure”sono invisibili, magia e tecnologia tendono a somigliarsi. D’altronde tutto è magico quando non si è più in grado di riconoscere i rapporti di causa-effetto o non si immagina che esistano (Valerio, 2023, p.49). Come gestire allora questo rapporto? Come evitare di cadere in confusione e, dunque, di mantenere la capacità di riconoscere i rapporti di causa-effetto? 

Aby Warburg, tra il 1895 e il 1896, intraprese un viaggio per il New Mexico, dove entrò in contatto con la cultura degli indiani Pueblo. Rimase profondamente colpito dai riti cerimoniali e dal potere che veniva attribuito alle immagini. Si accentuò in Warburg l’impressione che gli indiani Pueblo abitassero una cultura caratterizzata da sincronia di civiltà logica e causalità magico-fantastica, e a tal proposito, a seguito del viaggio, scriverà «i Pueblo si trovano a metà strada tra magia e logos e lo strumento con cui si orientano è il simbolo. Tra il raccoglitore primordiale e l’uomo che pensa si trova l’uomo che istituisce connessioni simboliche » (Warburg, 1998, p.28). Quel che ci interessa è che ne Il rituale del serpente Warburg asserisce che all’inafferrabilità dei fenomeni naturali, gli indiani Pueblo oppongono la volontà di comprensione, trasformando sé stessi nella causa di quei fenomeni. « La danza mascherata è causalità danzata » (Warburg, 1998, p.61). Lo stesso meccanismo si può applicare al discorso sulla tecnologia che stiamo portando avanti. Citando Chiara Valerio: «All’inafferrabilità dei fenomeni tecnologici, l’essere umano utilizzatore e alimentatore di dispositivi oppone la sua volontà di comprensione, trasformandosi egli stesso nella causa di quei fenomeni. Istintivamente egli sostituisce, nel modo più intelligibile ed evidente, l’effetto inesplicato con la causa. La danza delle dita su schermi e tastiere è causalità danzata» (Valerio, 2023, pp.49-50).

 

L’esoterismo divinatorio contro i big data: Ginevra Petrozzi

La presa di coscienza delle potenzialità dei dispositivi permette di mantenere riconoscibili i rapporti di causalità. La situazione si complica quando il dispositivo non si rivela più come una potenziale capacità di agire fisicamente (come nell’azione di abbassare le tapparelle) ma come elemento di connessione tra persone, società e imprese. In questi termini, la danza causale sembra addirittura scomparire, i gesti superati, poiché non si dà più il dispositivo come movimento corporeo, ma piuttosto come traslazione del soggetto e implementazione della sua coscienza. 

Ginevra Petrozzi integra nella sua ricerca artistica la riflessione sul rapporto tra biologia/tecnologia, esoterismo digitale, coscienza e previsioni algoritmiche. Attraverso una pratica che fa del rituale mistico le sue basi, Petrozzi offre nuovi sguardi per orientare le nostre relazioni con le tecnologie digitali. L’artista esplora il modo in cui gli strumenti di divinazione possono essere reinterpretati per rivendicare una libera capacità di scelta rispetto ai Big Data, i quali «nell’era del Capitalismo della Sorveglianza, sono diventati un’entità quasi magica che predice e programma il futuro» (Petrozzi, 2021). La pratica rituale assurge a strumento capace di ridare al soggetto consenso, consapevolezza e autonomia. 

Digital Esoterism

In Digital esoterism, Petrozzi riscopre come gli strumenti magici siano capaci di annullare o quantomeno di rendere manifesta ed esplicita la sorveglianza globale dei dispositivi, attraverso la generazione di rituali di resistenza. I tarocchi, strumenti noti e ascrivibili ad ambiti mistici, vengono reinterpretati secondo un’inedita prospettiva che consiste nella lettura di realtà digitali attraverso lo smartphone. I post che mettiamo su Instagram, i video che condividiamo su Tik Tok, le ultime ricerche in cronologia, l’ultima pubblicità che compare prima di andare a letto, il primo annuncio che appare appena ci si sveglia, le ricerche su Google, i prodotti suggeriti: cosa dicono di noi questi segni digitali? Cosa dicono al noi del futuro? Questo flusso automatizzato con cui gli algoritmi operano per indirizzare i nostri bisogni e i nostri desideri, le realtà che costruiamo e che vogliamo costruire, vengono letti digitalmente attraverso lo smartphone, come se fossero dei tarocchi. La lettura delle carte viene presentata come strumento capace di identificare e ri-significare i segni digitali – seppur non in grado di influenzare o modificarne i dati. 

 

Digital Esoterism, Performance and Installation, Design Academy Eindhoven, (NL), 2021, courtesy dell’artista, ph. Pierre Castignola.

 

POV: Time to influence your targeted ads

In POV: Time to influence your targeted ads., Petrozzi attua una performance collettiva in cui, riconoscendo il dispositivo come un’estensione della propria soggettività,  se ne tenta una lettura consapevole sottraendosi così alle predizioni algoritmiche automatiche e riappropriandosi di un margine di agentività.  Attraverso l’atto performativo di raccontare e ripetere allo smartphone un futuro ideale – usando il tempo presente –  si cerca di influenzare l’algoritmo di raccomandazione, diventando così parti attive di un processo che solitamente vede l’utente passivo. In questo caso, Ginevra Petrozzi utilizza la passività del dispositivo a suo vantaggio, riconoscendo come la divinazione provenga in gran parte dalla pratica della rabdomanzia.

 

 

POV: Time to influence your target ads, Het HEM, The Couch Platform, 2023, courtesy dell’artista.

 

Credere con gli occhi aperti

La relazione tra corpi e tecnologia è oggi un discorso centrale e probabilmente lo sarà sempre di più. In quest’ottica, l’uso di rituale e mistico come categorie di analisi delle pratiche tecnologiche che ci circondano sembra una possibilità produttiva e seducente. Chiara Valerio (2023, p.44) scrive che il verbo della tecnologia è credere. Bene, che si creda. E io crederò anche, come scrive Tripaldi (2023, p.132) che rivendicare lo spazio tecnologico e poetico tra la realtà e l’irrealtà – tra logica e magia, scriverebbe forse Warburg – non è una scappatoia retorica ma una tattica politica di gioia e sopravvivenza.

 

Bibliografia

Tripaldi, L. (2023), Gender tech. Come la tecnologia controlla il corpo delle donne, Laterza, Bari-Roma.

Petrozzi, G. (2021),  Digital esoterism, Disponibile su: https://www.ginevrapetrozzi.com/digital-esoterism  (Accesso: 6 Dicembre 2023).

Valerio, C. (2023), La tecnologia è religione, Einaudi, Torino.

Warburg, A. (1998), Il rituale del serpente, Adelphi, Milano.

 

Biografia

Michele Valetti si laurea a Milano in Filosofia, con una tesi in Estetica. È attualmente studente del corso di Storia dell’arte all’Università Sapienza. Ha svolto tirocini presso la Galleria Nazionale d’arte Moderna e Contemporanea e il Centro culturale per artisti neurodivergenti Ultrablu. I suoi interessi sono orientati all’arte contemporanea del secondo dopoguerra, ai rapporti tra le storie dell’arte e l’estetica anglo-americana e ai rapporti tra arte e politica.