Avvolta in un paesaggio di tastiere, sequenziatori, cavi e sintetizzatori, Doris Norton annuncia la sua agentività umana tra le macchine con il suo corpo in azione. Alla sua sinistra lo schermo di un Apple // parla per lei mostrando il suo nome. Siamo a metà degli anni ‘80, e una fotografia dallo stesso set sarebbe comparsa nell’85 sulla copertina del sesto album di Norton, Artificial Intelligence

Musicista, compositrice e programmatrice italiana di origini inglesi, Doris Norton è una pioniera della Computer Music italiana che inizia a sperimentare con macchinari elettronici già dalla fine degli anni ‘70. Dopo un inizio immerso nel prog rock esoterico con le band Jacula e Antonius Rex, la compositrice-programmatrice esplora il terreno della computazione musicale intrecciando campi visuali, magici e informatici attraverso una carriera spesso silenziosa ma incredibilmente anticipatrice. Primo endorsement di Apple Inc., ambassador di Roland e consultant di IBM, Doris Norton nella sua carriera attraversa correnti progressive rock, electro, krautrock e trance-ambient, fino a una techno mischiata con hardcore, acid e gabber anni ‘90, lasciando nel frattempo delle tracce visive e digitali del suo percorso.

 

Da teenager ero attratta dalla fisica quantistica, dalle equazioni differenziali, dalla chimica organica ed anche dalla musica medievale, rinascimentale, barocca, dalle sperimentazioni di Cage e dalle combinazioni di suoni e rumori che caratterizzavano le sonorizzazioni delle opere cinematografiche di animazione. Il mio modo di ascoltare musica, caratterizzato da visualizzazioni, ha fatto prevalere sempre l’esperienza emozionale sul percorso accademico. […] La musica è un passaggio segreto invisibile che permette l’accesso ad altre dimensioni (Enrile, 2012).

 

La peculiare serie di esperienze subculturali vissute dall’artista mostra intersezioni e coincidenze tra pratiche legate da tempo, soprattutto dentro la trama delle invenzioni femminili nei mondi digitali. In un’archeologia dei media italiani del secolo scorso, Doris Norton appare come uno tra i nomi di donne spesso relegate a una storia minore: Franca Sacchi, Ida Gerosa, Daniela Casa, Teresa Rampazzi, Maria Teresa Luciani, Giulia de Muittis [1].

 

Doris Norton, Artwork dal booklet di Document 1, 1994, S.O.B., CD.

 

Decine di immagini dell’artista percorrono progressivamente strutture simili, offrendo testimonianza al rapporto di convivenza che intercorreva tra l’artista e i dispositivi del suo atto creativo. La tecnologia, nelle mani delle identità subalterne, diventa uno strumento in grado di ribaltare le strutture di potere, supportando materialmente sperimentazioni ora sottratte da centri di ricerca, vagli creativi e approvazioni istituzionali, soprattutto in campi dai confini attentamente monitorati come quelli dell’informatica e della musica elettronica. 

 

Antonius Rex, Zora (retrocopertina), 1977, album.

 

A Milano, alla fine degli anni ’60, Doris Norton incontra Antonio Bartoccetti (Merrich, 2019). Il musicista aveva iniziato a militare nell’ambiente dello psychedelic rock con gruppi come Dentro Noi Deserto e Invisible Force, che lascia poco dopo per fondare prima Jacula e poi Antonius Rex (Fabbri, 2003). Questi due progetti coinvolgeranno Norton come tastierista, compositrice, voce e nell’utilizzo del sintetizzatore Minimoog, ricevuto, secondo una fonte (Impellizzeri, 2011, p. 41), dallo stesso inventore Robert Moog.

Come nota Johann Merrich, l’introduzione dei sintetizzatori e la massificazione della musica elettronica inizia a costruirsi uno spazio proprio a partire dal rock progressivo (Merrich, 2019), con alcuni esempi italiani come Balletto di Bronzo, Biglietto per l’Inferno e PFM.

Bartoccetti e Norton continuano nel tempo a collaborare con diversi artisti, circondandosi di un’aura ricercata. Alienandosi dai cicli di distribuzione mainstream, creano domanda all’interno di cerchie di addetti scelti appositamente da Bartoccetti. Nei diversi racconti su A. Rex (parziali, in quanto narrati da lui stesso), si comprende come il loro processo di produzione musicale diventa intimamente legato alle pratiche esoteriche che il gruppo intraprende; vengono descritti soggiorni reclusivi in Inghilterra e in Romania all’interno di castelli antichi [2], accompagnati da escursioni notturne nelle foreste alla ricerca di ombre (Zenti, 2004). La composizione era, a quanto indicato nei crediti degli album, totalmente da attribuire a sedute spiritiche, e nella lista degli autori appaiono non solo musicisti, ma anche maghi e medium [3].

Tra pubblicazioni autoprodotte all’interno della loro label, Musik Research, ma anche modalità mistificatorie fatte di retrodatazioni e plagi (Mattioli, 2016, pp. 471-474), gli Antonius Rex presentano il loro rifiuto verso la società dei consumi attraverso la codificazione dei testi in lingua latina, i riferimenti all’occultismo e alle spiritualità orientali e l’adozione di questioni ecologiche e anti-establishment. Nel retrocopertina dell’album Zora troviamo frasi come: «Wizards and Witches are at the Gates to fight with the Invisible Forces / The system, Iniquities, The pollution of Nature and of Ideas».

 

Antonius Rex, Adesivo promozionale, Immagine trovata.

 

Già dalla fine anni ’70, privatamente, l’artista inizia a mettere insieme il Doris Norton Lab, alla quale deciderà di dedicarsi completamente quando, dal 1980, abbandonerà la sua attività negli A. Rex per iniziare sua carriera solista (Zenti, 2004: Breznikar, 2012). Il laboratorio era uno spazio costruito all’interno della sua casa che ospitava una grande varietà di macchinari: tra i primi sintetizzatori analogici alle più sofisticate innovazioni in termini di computazione e sintesi musicale. Contemporaneamente luogo e medium creativo, lo studio permetteva una produzione e una distribuzione completamente autonoma. Il Doris Norton Lab, celebrato nel titolo di un brano del 1981, diventa una zona critica di sperimentazione per l’artista, e viene utilizzato talvolta come formula autoriale in sé: l’importanza dello studio rappresentava, per via metonimica, una questione di vera e propria identificazione incrociata tra macchina e agency umana.

 

Esplorando questo spazio-medium in modi contemporaneamente materiali e concettuali, l’artista si inserisce nell’ambiente collaborativo delle prime aziende tecnologiche che negli anni ’80 iniziavano a stabilirsi in Italia. 

Grazie a contatti locali afferenti alla ditta di distribuzione Monzino [4], Norton viene messa in contatto con Roland Corporation, produttore giapponese di software, strumenti e componenti elettronici per riceverne alcuni prototipi prima che fossero introdotti nel mercato.

 

Doris Norton, Autoritratto, dal booklet di Raptus (reissue) 2011, Black Widow Records, CD.

 

La natura comunitaria delle collaborazioni che Norton intraprende produce una serie di lavori sonori e visivi di celebrazione, nati da un entusiasmo condiviso nel settore; nelle parole di Doris: «Electron affinity, marked by community of various interests, is the base of all my collaborations. It was a gathering of people with an affinity in conceiving the future, put together by the will of fate» (Klemen Breznikar, 2012).

Queste fotografie, così come quelle di Doris nel suo studio, marcano i passi di un’intenzionalità rappresentativa esterna ai circuiti di mercato, volta alla co-partecipazione all’interno dell’ambiente nascente delle prime compagnie tech, in un momento di fervenza culturale proiettata verso l’immaginazione di un futuro veicolato dai nuovi media. Tutte queste tracce visuali vengono gestite, messe in scena, modificate e distribuite dalla stessa musicista all’interno dello spazio personale dei suoi blog digitali.

 

Il primo documento musicale della carriera solista di Norton è Under Ground (1980), un album autoprodotto dalla storia di pubblicazione opaca, che potrebbe condividere le metodologie degli Antonius Rex.

Il secondo album di Norton, primo se si parla di cronologie ufficiali, è Parapsycho, pubblicato da Discopiù nel 1981. Frutto di una sperimentazione a metà tra strutture progressive e suoni elettronici, il disco esplora i risvolti psicologici dell’iperaccelerazione societale, rivolgendo verso l’interno una riflessione sulla tecnologia che, proprio nello stesso anno, era invece adoperata in maniera quasi acritica da Computerwelt tramite l’esaltazione della velocità e del calcolo della nuova era, verso la spersonalizzazione dell’uomo-macchina. I titoli e i paesaggi sonori evocati in questo lavoro suggeriscono invece ambientazioni aliene, viaggi astrali connessi a viaggi psichici, ipnosi, telepatia, ossessione ed emotività, introducendo per la prima volta nella carriera di Norton l’utilizzo del vocoder come traduzione psicoacustica di questo immaginario.

 

Il 1981 vede anche la pubblicazione di un LP, questa volta attraverso la casa discografica Durium, intitolato Raptus. Concorrendo al tema delle patologie psichiche filtrate dalla tecnologia, il lavoro unisce melodie sintetiche a sostanziali stratificazioni di chitarre, sovrapponendo una voce sintetizzata che ci ripete parole come “psychoraptus, computer e electro-shock” in una narrativa tanto frammentata quanto interrelata. Il tema dell’alterazione psichica viene legato a diversi motivi scatenanti (Psychoraptus, Drugraptus, Erosraptus), esaminando l’atto improvviso e violento in cui un soggetto può rivoltarsi contro se stesso o un’altra persona. 

 

«Shall you try newer machines to humanize you /

If you cry /

And if you fail to communicate with space your complicated sentiments / 

You have given me the coolness to alter your perception /

Now I will play /
The Doris Norton Lab shall sing.»

Doris Norton, Doris Norton Lab, 1981

 

La voce filtrata all’inizio del brano Doris Norton Lab fa riferimenti simultanei allo spazio e all’umanizzazione delle macchine, parlando dal punto di vista di una macchina che cerca di raggiungere l’empatia. Il tema della senzienza umana, unita a quello degli stati alterati che la ostacolano, contrasta con l’evocazione fredda e razionale di macchine e computer, che questa volta sono immaginati come soggetto attivo di un piano di umanizzazione.

L’anno successivo, in occasione del lancio del disco, l’etichetta commissiona al direttore Toni Occhiello la realizzazione di un video musicale per la canzone Psychoraptus

 

Screenshot da Toni Occhiello (dir.), Psychoraptus, 1982, music video.

 

Registrato tra Milano e Roma, il video di Psychoraptus unisce due linee narrative distinte. In una discoteca Milanese, vediamo una performance live di Norton che parla attraverso un vocoder, affiancata dal marito Bartoccetti ai synth. Dietro, la figura di un giovane con un copricapo fatto di cavi ed elettrodi rappresenta, in una citazione a Metropolis di Fritz Lang, il soggetto di una lobotomizzazione. 

Frapposte a queste scene, troviamo dei segmenti ambientati in un appartamento spoglio in cui Doris, nelle vesti di una scienziata, esercita insieme a un dottore la manipolazione psichica di un terzo soggetto, descritto nei crediti come «human guinea pig».

 

Utilizzando in maniera contrastiva tecniche di registrazione analogica e digitale, il regista Occhiello inverte, rispettivamente per le scene live e quelle sceneggiate, i piani della realtà e della finzione: la discoteca viene filmata in pellicola mentre la scene in interno vengono riprese da un 3/4’’ U-matic (Impellizzeri, 2018). Il video digitale iniziava già a essere utilizzato nelle trasmissioni televisive, certificando uno scopo documentativo automaticamente associato alla verità, attestando in questo caso il contrasto con l’obsolescenza del 16mm, la cui patina rendeva evidente la sua natura di medium storicizzato e cinematografico. 

Tra questi due dominii intercorrono però delle trasmissioni: gli schermi presenti in entrambi i set comunicano rispettivamente trasmettendo scene dall’altro lato, e gli stessi personaggi si riflettono sugli schermi, parlandoci di una mutuale virtualità condivisa dalle immagini, entrambe gestite e manipolate all’interno del proprio medium.

 

Doris Norton, Nortoncomputerforpeace, 1983, album.

In Nortoncomputerforpeace, nel 1983, lo strumento del personal computer è rivolto contro la propria storia d’origine. Con questo album fondativo si inaugura una trilogia di lavori che sperimenta le prime istanze di un genere successivamente definito electro. Rimandi tra sintetizzatori analogici, campionamento e composizione digitale si intercorrono in melodie dalle strutture mutevoli – distinte, in questo senso, dalle strutture pop del krautrock più celebre – da attribuire alla formazione classica e rock dell’autrice. 

 

Nella prima traccia, omonima al disco, una voce filtrata da un vocoder annuncia: «You boy need to know how to change this bloody world / I will use my Computer against this absurd war / My computer against war / My computer for peace / Norton Computer against war / Norton Computer for peace».

Il vocoder, una tecnologia di compressione vocale sviluppata per le telecomunicazioni militari, viene reimpiegato nell’electro degli anni ‘80 attraverso un processo di risignificazione laterale che varca le funzioni belliche originariamente assegnategli. In maniera simile, il Norton Computer, figlio di macchine da guerra e sistemi di computazione strategica, rifiuta la sua origine bellica servendosi come strumento intenzionale di questa risignificazione.

Il disco, dal titolo fino ai singoli brani (Salvasansalwar, Warszawar, Iran no ra, riferimenti alla guerra fredda e ai conflitti in Medio Oriente) esplora le potenzialità impoteranti del computer come strumento per combattere la narrazione militarista, creando un appello all’azione e al ritorno all’empatia. Pezzi come Hunger Problem in the World e Don’t Shoot at Animals, afferibili al genere della library music, invocano temi antiviolenti e antispecisti, fondendo in più livelli diversi tipi di arpeggi con campionamenti di suoni naturali, alternati a spari e voci indistinte, reinseriti in maniera narrativa all’interno del programma di sintetizzazione digitale tramite conversioni AD/DA. Testificando a una speranza di fondo posta nella capacità della tecnologia di accelerare i processi di liberazione, l’intersezione tra intervento femminile e anti-militare all’interno di un medium digitale riverbera nei suoi significati, evocando gli interventi cyberfemministi che sarebbero emersi un decennio più tardi. Attraverso alcune prime istanze di hackeraggio del medium, possiamo intravedere un’anticipazione di quella che sarà la ridiscussione sistematica delle narrazioni patrilineari all’interno dei campi delle tecnoscienze, fuori dai binomi tecnologia/guerra, macchina/animale, biologia/determinismo.

 

Doris Norton, Personal Computer, 1984, album.

 

Nel 1984, lo stesso anno in cui viene rilasciato l’Apple //, il primo microcomputer prodotto in scala industriale, Doris Norton pubblica Personal Computer. Al centro della copertina, il logo colorato di Apple Inc. si staglia sopra una foto dell’artista nel suo studio. L’immagine, come tante altre di questa serie, mostra la dinamica relazionale che intercorre tra artista e computer, mostrandoci un corpo in movimento, mediatore tangibile dell’interazione umano-macchina.

 

Il disco, secondo della triade di capolavori electro dopo Nortoncomputerforpeace, si avvale in maniera sistematica della programmazione musicale varcando le arene dei nuovi media, e diventa una delle prime testimonianze italiane di Computer Music.

Senza l’ausilio di un’interfaccia user-friendly o di software come il protocollo MIDI, Doris Norton utilizza la tastiera alfanumerica del suo computer per programmare manualmente ogni nota all’interno di linee di codice, poi processate singolarmente nell’architettura del programma di sincronizzazione che media i segnali tra i singoli strumenti e il PC. Una scheda inseribile all’interno di uno slot dell’Apple // permette l’accesso a un programma, che opera pilotando un attuatore che a sua volta genera i segnali diretti verso i synth (Giustozzi, 1984, p. 25). Immersa in una metodologia radicalmente diversa, la computazione musicale di questa epoca esce dalle categorie del suono verso meccanismi di testualizzazione e, in certi sensi, di visualità mediata dagli schermi. Come afferma l’artista, il medium influenza e ispira la produzione:

 

The realisation of an artistic work can differ as technology changes. If you use a computer, you must know what you want to do: you can either re-orchestrate, arrange, reinterpret, contaminate, alter a Bach sonata or reproduce it just as it is on the original sheet music. The technology you are using can be a source of inspiration. A true artistic work has a supercharged energy that will never become obsolete (Mitchell, 2018). 

 

L’Apple //, inviato a Norton come prototipo prima dell’introduzione nel mercato italiano tramite un contatto afferente alla rivista Applicando, diventa un controller che invia il segnale di gate e la tensione analogica di pilotaggio a ogni singolo strumento ad esso collegato; in questo sistema, è lo stesso computer a suonare, generando i suoni tramite i segnali ricevuti attraverso una serie di oscillatori virtuali contenuti nelle sue schede. Con otto linee di controllo che si collegano ad altrettanti strumenti, le combinazioni di suono e stratificazione vengono gestite, durante il processo compositivo, tramite una partitura dove ogni battuta è divisa in sedicesimi, permettendo la ripetizione, rimozione o alterazione, ma soprattutto la scelta dello strumento più adatto per eseguire uno stesso input composizionale (Giustozzi, 1984, p. 25). 

L’endorsement da parte dell’azienda di Cupertino sembra essere, così come con le altre collaborazioni dell’artista, un sostegno di natura tecnico-sperimentale, che non impedisce tuttavia a Norton di usare l’immagine del computer come tema centrale di modernità e di proiezione futuristica, oltre che come medium compositivo e performativo in sé. Insistendo da una parte sulla precocità di una sperimentazione simile, dall’altra si vuole sottolineare come l’estensione e il peso di un endorsement Apple in quegli anni non era comparabile alle collaborazioni contemporanee, dove schemi commerciali, algoritmici e di influenza culturale si introducono all’interno di quella che è ora una corporazione plurimediale.

Tra tutta la serie di home computer IBM, Apple e Commodore, fu proprio l’Apple // ad affermarsi nell’84 come lo strumento personale che avrebbe cambiato la relazione tra pubblico di massa e tecnologia. Parte di una serie di home computers progettati a partire dal 1977, il più celebre sarà annunciato negli Stati Uniti il 22 Gennaio 1984 in un’unica apparizione televisiva trasmessa durante il super bowl e diretta da Ridley Scott (Friedman, 1997).

La produzione in serie dell’Apple // permetteva un’accessibilità economica che, unita a un’implementazione sistematica delle grafiche user-friendly, lo resero uno dei medium culturali più impattanti degli anni ‘80, affiancando all’idea di computer non solo nozioni come utilità e velocità, ma anche valori personali quali auto-rappresentazione ed emancipazione, che influiranno in maniera incisiva sulla cultura visuale techno-positive del decennio successivo.

 

Screenshot da Lancio dell'Apple //c - Maggio 1984, video.

 

Dopo qualche mese, l’azienda presenta l’Apple // a Roma tramite un evento che riunisce tutti i rivenditori italiani. In questa sede, Doris Norton esegue una performance live di alcuni dei principali brani di Personal Computer utilizzando il PC. Nel video che documenta la serata di presentazione vengono montate in sovrimpressione, in contemporanea con le immagini del live, delle immagini di diversa origine: Doris Norton nel suo studio, schermi con grafiche pulsanti, una scena in cui Doris mostra un passerotto a un cacciatore, una sparatoria, un uomo che muore. Le scene sono molto brevemente intermezzate con le clip live e associano la tecnologia e la violenza in un filo narrativo annunciato già a partire dall’album precedente. Essendo la registrazione della serata una documentazione di interesse interno che non fu divulgata commercialmente (Impellizzeri, 2018), l’aggiunta di clip pre-registrate, assenti da qualunque altra parte del filmato, fu plausibilmente un’annessione intenzionalmente richiesta da Doris Norton. La pratica musicale, unita all’atto performativo del live, si fonde a un percorso visuale gestito dall’artista e volto a questioni pacifiste, antimilitariste e di identificazione.

 

Doris Norton, Artificial Intelligence, 1985, album.

 

Nel 1985, tramite l’etichetta Globo Records, Doris pubblica il suo sesto album, Artificial Intelligence. Chiudendo la trilogia electro con ulteriori riflessioni sul genere e sui temi dell’automatizzazione tecnologica, l’artista evoca, attraverso una sorprendente forza iperstizionale, argomenti che oggi hanno assunto una portata notevole. Con canzoni come Machine Language, Sylicon Valley, Oh Supermac e Bit Killed Hertz, la tracklist viene ordinata in modo da costruire un concetto sonoro più ampio lungo il corso dell’album. In Machine Language il medium e il processo diventano uno strumento; la traccia viene costruita senza alcuna batteria analogica, piuttosto, il ritmo è il risultato di conversioni AD/DA e dell’elaborazione delle gamme d’onda da parte del computer (Mitchell, 2018). Attraverso una rielaborazione creativa di processi solo apparentemente meccanici Norton dimostra come la manipolazione del medium possa essere utilizzata con una precisa intenzione semantica.

Nell’edizione originale del disco, i brani Juno 106 Software e JX-3P Software vengono inseriti come tracce aggiuntive, pronte per essere caricate da musicisti esordienti su drum kit elettronici tramite connessione MIDI.

 

 

Doris Norton, The Double Side Of The Science, 1990, album.

 

Nel 1986, per supportare ulteriormente la divulgazione della composizione elettronica attraverso lo strumento domestico del PC, Norton intraprende una collaborazione con IBM. In qualità di consulting officer e programmatrice, l’artista crea un software di composizione musicale user-friendly per home computer. In occasione della collaborazione, la musicista pubblica su CD – formato inventato appena quattro anni prima – Automatic Feeling, un album interamente composto con un IBM 7090, e The Double Side of the Science, dove inizia a fondere l’electro con alcune caratteristiche sonore e ritmiche della techno. Mentre la copertina di Automatic Feeling mostra una foto dell’artista accanto al computer IBM e ad altri macchinari, in The Double Side of the Science vediamo il viso di Doris fortemente alterato da un editing digitale, rendendo una visione post-biologica della pelle del soggetto, in cui pattern macchinici, giunture e distorsioni vengono proiettati in una sorta di pre-immaginazione dell’ingegneria genetica. 

 

Doris Norton, Artworks dal booklet di Parapsycho (Reedition) 2013, Black Widow Records.

 

La pratica della manipolazione fotografica accompagna diverse rappresentazioni dell’artista dentro e fuori alle pubblicazioni musicali, interessando tropi visivi che saranno poi caratteristici degli artisti elettronici ed espandendosi verso altri campi delle arti. Nelle riedizioni di dischi come Parapsycho e Raptus diverse immagini aggiunte al booklet sono il risultato di una manipolazione, distorsione e sovrapposizione attuata da Norton. La stratificazione agisce in più immagini fondendo il volto dell’artista con le macchine, o i suoi occhi con gli schemi dei circuiti elettronici di un sintetizzatore.

 

Dalle prime fotografie scattate all’interno del proprio studio fino alle computer graphics degli anni ‘90, le immagini composte da Norton invadono copertine e booklet per poi riversarsi nel cyberspazio. La pratica della programmazione, che aveva coinvolto una grande parte della sua metodologia di produzione musicale, influenza altre zone di azione offrendo le conoscenze per programmare siti e contenitori visuali.

 

Immagini postate da Doris Norton [5]

 

Tutte le macchine computazionali parlano, compilano, elaborano e leggono per mezzo di un proprio alfabeto di base che compone, in byte da otto, una sintassi di codice, compresa dai processori all’interno di un insieme di principi simili scritti dalle stesse due cifre: Zero e Uno.

Gli zeros and ones invadono lo spazio visivo e speculativo di Norton, attraverso i suoi stessi dischi o pubblicazioni in social e blog. Parlando di Parapsycho, l’artista racconta che «come addendum ai titoli, inserii in copertina una frase in codice binario che però tolsi prima di andare in stampa, dopo un ripensamento. Oggi ognuno potrebbe vedere in quei numeri ciò che più gli aggrada, del resto i misteri servono per mettere in moto e mantenere giovani le sinapsi cerebrali» (Impellizzeri, 2018).

 

Utilizzando questo linguaggio in più luoghi come modalità di cifratura, l’artista riprende lo scopo originale del sistema binario per come era stato concepito dal suo inventore. Nel 1679 Gottfried Wilhelm Leibniz, influenzato dalla linguistica e dallo studio di testi cinesi antichi (Strickland, 2022, p. 303), elabora il sistema binario come un codice che attraverso la combinazione di quantità e frequenza delle cifre formulava messaggi, agendo primariamente come metodo di comunicazione criptato. In diversi luoghi della sua presenza digitale, Doris Norton adopera dei meccanismi di cifratura per il doppio scopo di tutelare il suo posizionamento esoterico e di comunicare, di converso, con chi sia incline a ricevere i suoi messaggi. Quando un intervistatore le chiede: «Is it correct to talk of an “esoteric-subliminal” message?», lei risponde: «There are thousands of millions of humans, so I’d better consider it as a highly individualist message: this includes some theoretical communication instances that can sectorially be mystic-objective» (Croce, 2002).

Dalla metà degli anni ’90 appare Musik Research, una rivista digitale che prende lo stesso nome del recording label indipendente di Doris Norton e della famiglia Bartoccetti. Collegato a questa rivista digitale è il sito Future Style, un advanced audio-visual styles magazine, indicato in alcune pagine anche come un artist host site. In questo sito, articoli e recensioni vengono organizzate all’interno di classificazioni e raccolte settorializzate includendo album, artisti e strumenti elettronici, consigli e opinioni insieme a eventi e pubblicazioni relative al label.

 

Partecipando all’attività del blogging tramite la raccolta quotidiana di contenuti, Doris trova uno spazio dove collocare i suoi interessi esoterici: in una pagina della sezione xtras del sito troviamo citazioni da musicisti, filosofi e scrittori, ma anche un estratto dalla Tavola di Smeraldo:

 

Whatever is below is like that which is above; and that which is above is like that which is below: to accomplish the one wonderful work. 

As all things are and are derived from the One Only Thing, by the will and by the word of the One Only One.

Separate the Earth from the Fire, the subtle from the gross, but carefully and with great skill.

It ascends from earth to heaven, and descends again, taking unto itself thereby the power of the Above and the Below.

Thus the splendor of the whole world will be thine, and all darkness shall flee from thee.

This is the Force of all forces, for it overcometh all subtle things and can penetrate all that is solid.

For thus was the world created.

What I have to say about the masterpiece of the alchemical art, the Solar Work, is now ended.

Hermes Trismegistus

(sender: chief editor).

 

La Tabula Smaragdina, un testo sapienziale presumibilmente ritrovato in Egitto in era pre-cristiana a partire da una incisione in smeraldo, fu tradotta in latino e studiata in ambiti ermetico-alchemici e nelle teorie dell’occulto (Hedesan, 2018). In queste ultime, la scrittura viene fatta risalire al personaggio leggendario di Ermete Trismegisto, ritenuto patrono delle pseudo-scienze astrologiche e alchemiche e autore del Corpus Hermeticum, una raccolta di scritti ermetici contenenti riflessioni filosofiche ma anche incantesimi e procedure di iniziazione. Tra recensioni e interviste, l’architettura del sito rimarca la presenza di sezioni più personali gestite interamente da Norton: un archivio fotografico della sua collezione di sintetizzatori analogici, una sezione dedicata interamente alla musica classica e all’opera e una pagina che a prima vista appare di natura biografica. 

 

Screenshot da Future Style, Vestibulum.

 

Nella pagina introduttiva della sezione di Future Style dedicata a Doris ci accolgono codici QR, frasi in latino e ritratti disposti in maniera speculare lungo un assetto verticale. Scorrendo, il sito si presenta come una collezione di new media objects, gif, riferimenti all’occulto e alle opere dell’artista, disposte in più pagine e collegate internamente da una struttura ad albero. Attraverso sezioni dedicate a biografia, foto, produzioni, citazioni e altre chiamate vestibulum o jofs, l’artista implementa il formato del blog biografico con dinamiche eterogenee, creando una rete non gerarchica – a tratti labirintica – di collegamenti ipertestuali che collezionano la sua esperienza quotidiana all’interno del codice.

 

Screenshot da Future Style, Photos.

 

Nella sezione Photos, vicino ai titoli Doris Norton & Lab e Psychomatter Expansions si trovano raggruppate immagini di sintetizzatori, scrittori, animali domestici, album e dipinti. Questi ultimi erano stati riferiti in passato da Doris come «espressioni estremamente private, non destinate ad essere condivise nella sfera pubblica» (Enrile, 2012): il sito, per quanto pubblicamente accessibile, è per l’artista uno spazio sicuro costruito per la propria espressione personale: «The personal computer was and is my safe room, my reserved area; the computer can offer unlimited and yet undiscovered landscapes. You can enter and begin to explore them» (Mitchell, 2018).

 

Alcune di queste immagini si rivolgono all’user attraverso moniti o divieti, richieste di intervento, o ancora interpellano la sua attenzione verso citazioni oscure, testi invisibili o criptati; la sezione contatti intima: «Notice: please don’t ask her for spells !!!!!». I moniti fanno riferimento alla pagina come a uno spazio di ingresso fisico (una figura recita: «Beware! Entry could be hazardous to your health!»), associando al cyberspazio l’evocazione di un ambiente domestico. La pagina login, vestibulum (i.e. sala d’ingresso), ad esempio ci annuncia: «in vestibulo Doridis domi monitum tacitum est sed memoriae mandandum» [6]. In luoghi sparsi del sito troviamo un’altra frase, nascosta in un codice QR o in un font bianco su sfondo bianco, visibile solamente nel caso in cui qualcuno decida di evidenziarla con il cursore. L’utente ha bisogno di interagire con la pagina per svelare la frase «SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS».

 

Screenshots da Future Style, Vestibulum e Epistulae.

 

La formula, anche chiamata Quadrato del Sator, si rintraccia a partire da studi archeologici poi mutuati da letture esoteriche in una serie di incisioni latine trovate in cattedrali e siti archeologici cristiani (Sheldon, 2021). Diverse letture filologiche discutono il possibile significato delle parole, rimaste però generalmente restie a un’interpretazione letterale. In termini generali, l’enigma è stato spesso tradotto in questo modo: “il seminatore (sator), col suo carro (arepo), tiene con cura (opera) le ruote (rotas)”, dove però la traduzione di arepo appare forzata, dato che la parola è inesistente in questa forma nella lingua latina.

Molti commenti che si soffermano sulla traduzione letterale sottolineano come il tema del libero arbitrio sia il significato fondante della frase. Altre interpretazioni guardano piuttosto alla struttura del quadrato, definito anche come quadrato magico, osservando come la giustapposizione delle quattro parole crei congiuntamente un palindromo completo, possibilmente utilizzato dai primi cristiani come croce nascosta per poter officiare le preghiere durante la persecuzione (Ibidem). É all’interno di quest’ultima interpretazione che alcune teorie dell’occulto riportano la paternità del simbolo rituale a Ermete Trismegisto.

 

In questo senso, la stessa presenza del quadrato magico, nascosto all’interno del sito agli occhi del visitatore passivo, potrebbe funzionare come veicolo effettivo per l’attuazione della magia, officiata dalla strega che sta dall’altra parte dello schermo. In un particolare percorso trans-storico, Doris Norton unisce antichi simboli magici e cibernetica in una dinamica tra contenuto e contenitore che fa intercorrere un rapporto di potenzialità dell’immagine percepita tramite il tessuto digitale, alla quale vengono fiduciosamente rimessi gli strumenti indicali di un incantesimo. 

 

In un percorso visivo e musicale filtrato dalla programmazione, il vocoder e l’occulto, la carriera di Doris Norton attraversa le arti digitali anticipando intersezioni tra discipline sempre più legate. Ricostruendo gli apporti femminili alle origini del digitale, questo caso studio rimette in questione una piccola storia della Computer Music italiana ma anche della cultura visuale degli anni ‘80, proiettando attraverso titoli e immagini iperstizionali una prefigurazione del futuro della musica elettronica veicolata dai nuovi media.

 

Note

[1] Cfr. Johann Merrich, Breve storia della musica elettronica e delle sue protagoniste (Rome: Arcana, 2019) e Le Pioniere della Musica Elettronica (Milan: Auditorium, 2012).

[2] Cfr. booklet di Antonius Rex, Zora, 1994, Mellow Records.

[3] Nel retrocopertina di Jacula, In Cauda Semper Stat Venenum, Gnome, 2001, Black Widow Records troviamo scritto «Composed by Spiritualist Seance (1966-1969)», e tra gli autori è listato «Franz Parhenzy – medium». In altri luoghi, tra cui il sito degli Antonius Rex, viene menzionata la medium Monika Tasnad.

[4] Ditta di Carlo Alberto Monzino, parte di una storica famiglia di produttori e distributori di strumenti presenti nel settore dal 1700, in stretto rapporto con Doris Norton e la famiglia Bartoccetti.

[5] Pubblicati da Doris Norton l’11 dicembre 2015 e il 6 Novembre 2015. Disponibili su: https://www.facebook.com/dorisnortonofficial/photos/a.167007076722624/953502364739754/ e https://www.facebook.com/dorisnortonofficial/photos/a.167007076722624/937787812977876/ (Ultimo accesso: 4 Gennaio 2024). La traduzione dal codice binario all’alfabeto latino per la prima immagine fornisce il link per un teaser dell’EP, disponibile su: https://www.youtube.com/watch?v=F8GBLJf8pQ8 (Ultimo accesso: 4 Gennaio 2024); il secondo codice si traduce nella formula: «benotsocialidiots».

[6] La frase si traduce in termini generali con: «All’ingresso della casa di Doris, un monito tace, ma è da affidare alla memoria. Il diario è scolpito nella memoria».

 

Bibliografia

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Biografia

Flavia Criscione è una dottoranda di cultura visuale all’Università di Milano e Roma III. Si laurea in Lettere e in Arts, Museology and Curatorship all’Università di Bologna. Nel 2023 pubblica la traduzione di un testo di Vladan Joler in Angles morts du numérique ubiquitaire (Les presses du réel). Insieme alle attività di curatela indipendente, partecipa ad un collettivo di ricerca chiamato AVEC (Art, Visuality and Electronic Culture), con la quale organizza workshop a Bologna. Fa parte anche della band Desperate Housewaifs, per la quale si occupa del progetto visivo.