«Nello spazio nessuno può sentirti urlare».

                                  ALIEN, tagline del film

 

Fin dagli albori del linguaggio audiovisivo – originatosi nel 1895 con l’invenzione del cinematografo – la fantascienza ha potuto trovare nel suddetto medium un terreno fertile di espressione, imponendosi come uno dei generi più popolari all’interno della produzione cinematografica (Paraire, 1996).

Sebbene alcune istanze tipiche di essa si ravvisino già nelle opere di George Méliès1 , bisognerà attendere l’arrivo degli anni Cinquanta affinché la fantascienza venga canonizzata all’interno dei generi filmici. Fortemente ancorata alla narrazione letteraria, questa assumerà una propria autonomia stilistica solamente negli anni Settanta, periodo in cui – successivamente alle sperimentazioni della Nouvelle Vague e alla nascita del cinema moderno l’audiovisivo si costituisce come linguaggio pienamente consapevole della propria grammatica espressiva (Curtoni, 2003).

La capacità di generare mondi nuovi, al fine di riflettere su questioni specifiche del periodo storico analizzato, ha permesso a donne e membri della comunità LGBTQ+ di cimentarsi in un campo di ricerca particolarmente florido per quanto concerne l’analisi di svariati temi. Il presupposto fondamentale di tale genere – che si basa sul concetto di “Che cosa sarebbe successo se?” – ha infatti consentito alle categorie “dominate” da un sistema totalizzante di potersi esprimere liberamente (Vandermeer, A., Vandermeer, J., 2018).

Alien, film di Ridley Scott girato nel 1979, viene ricordato – oltre che per le innumerevoli possibilità di lettura dell’opera determinate dalla sua componente archetipica – come un manifesto femminista in grado di riflettere sulle tematiche che il Cyberfemminismo – corrente di pensiero teorizzata da Donna Haraway – avrebbe introdotto nel dibattito filosofico di lì a poco. L’obiettivo di questo articolo è dunque quello di analizzare l’opera filmica presa in analisi, proponendo un’interpretazione capace di evidenziare come elementi legati al suddetto movimento siano stati determinanti nel consacrarlo come cult movie.

Il film si apre con una lunga sequenza che simboleggia allegoricamente un parto – quello dell’equipaggio – che dall’oscurità si risveglia in una grande stanza circolare, bianca e asettica. La micro-società che vive dentro l’astronave Nostromo è seminuda, ma nonostante il gruppo sia sessualmente misto non si ravvisano pulsioni sessuali.

Questo «potrebbe essere interpretato come una fantasia primordiale in cui il soggetto umano nasce completamente sviluppato, dove anche l’atto sessuale diviene ridondante» (Creed, 1993, p.18), sollevando la donna dal dovere del parto.

Alien (1979), risveglio dall’ibernazione.

 

La grande famiglia che abita la nave spaziale è infatti generata da una madre elettronica, Mother, che gestisce i vari reparti del veicolo accudendo la sua prole come fosse un enorme sistema immunitario basato sulla trasmissione di informazioni cellulari. All’interno dell’equipaggio, inoltre, non si ravvisano discriminazioni basate sul genere, in quanto i membri che lo compongono ricoprono ruoli di pari grado indifferentemente dal sesso. Il fatto che i personaggi non vengano mai chiamati per nome rafforza ulteriormente questa tesi.

La società presentataci all’interno del film però comincia a vacillare nel momento in cui avviene il contatto con un mondo alieno, esterno a essa, portatore di una minaccia capace di generare paura e confusione. Il pianeta su cui atterra il Nostromo è ricolmo di riferimenti sessuali che i protagonisti, asessuati e asessuali, si trovano a dover fronteggiare. L’astronave da soccorrere ci viene presentata come la parte inferiore di un corpo avente due gambe aperte rivolte verso il cielo, che l’equipaggio deve penetrare non senza sgomento ed eccitazione, sottolineando l’assenza di comprensione di tale società in materia di riproduzione e corpo umano.

 

Alien (1979), relitto dell’astronave.

 

Una volta all’interno di quello che sempre più si palesa essere l’interno di un organismo femminile, il gruppo di spermatozoi-umani raggiunge una piana ricolma di uova, permettendo una gravidanza che non avviene però secondo leggi naturali.

 

Alien (1979), corridoi dell’astronave. Immagine raffigurante le pareti vaginali.

 

Il face-hugger, creatura simile a un aracnide, stupra infatti oralmente un membro maschile dell’equipaggio, ingravidandolo e infettandolo al contempo. La dinamica dell’accaduto sottolinea l’aspetto violento dell’atto sessuale, che viene esacerbato dall’uso della coda dell’alieno, usata per soffocare il malcapitato tramite un attorcigliamento intorno al suo collo. L’evento può essere visto come una castrazione simbolica, derivato dalla classica fobia freudiana riguardante la vagina dentata che fagocita il fallo invadente (Bell-Metereau, 1986).

 

Alien (1979), frontale del face-hugger.

 

L’aspetto fondamentale di tale accadimento, però, è l’introduzione del tema della paura necessario a esprimere il significato sottostante tutto il film, ossia il timore dell’uomo nei confronti della seconda ondata di Femminismo – coeva alla produzione dell’opera – in cui rientra anche il Cyberfemminismo.

L’alieno che nascerà dal corpo del malcapitato è infatti generato da un uomo, che all’interno del film è l’unico ad avere una gravidanza, sottintendendo l’attribuzione della maternità a tale genere e sottolineando la caduta del fallocentrismo all’interno della società. Le categorie binarie di derivazione aristotelica cadono in virtù della creazione di una nuova creatura a-genere (Haraway, 1991).

 

Alien (1979), parto dello xenomorfo.

 

L’ansia maschile nei confronti del Cyberfemminismo si basa sull’impotenza di prevenire la nascita di una società sessualmente “confusa”, in cui vengono eliminate differenze sessuali e di genere, portando alla svirilizzazione dell’uomo in virtù di una equa distribuzione dei compiti riproduttivi. Lo stupro a opera dello xenomorfo, del diverso, dell’altro, diventa quindi uno stupro politico nei confronti della società agli occhi di chi non intende decostruire la propria identità, con l’esito di intendere come un essere letale e mostruoso tale tipo di cambiamento.

L’alieno si presenta infatti come un mix di sessualità voraci e conturbanti, a partire dalla sua bocca «ermafrodita: mentre le doppie ganasce rappresentano le labbra interne ed esterne della vagina dentata, il movimento erettile della ganascia interna è una minaccia fallica» (Taubin, 1993, p. 98).

 

Alien (1979), particolare dell’apparato boccale di uno xenomorfo.

 

L’epidermide dello xenomorfo, inoltre, ricorda il latex nero di cui si compongono le divise normalmente utilizzate all’interno delle pratiche BDSM, viste con riluttanza dalla società borghese.

Se da un lato quindi il film rivela una forte apprensione riguardo la possibilità che si formi una società più fluida, dall’altro possiamo notare la volontà dello stesso di riservare molta importanza al genere prettamente femminile. Nel momento in cui si deve combattere la creatura aliena, infatti, è proprio una donna a prendere il comando della situazione, rovesciando le tradizioni cinematografiche patriarcali che vorrebbero l’eroe maschile assumere il controllo. Nello specifico: 

La maggior parte dei film di fantascienza e fantasia rappresentano la donna come la compagna di un uomo, il più delle volte nel ruolo di ostacolo nel momento cruciale in cui il protagonista sta cercando di fuggire da o sconfiggere i cattivi e mostri… Quante volte abbiamo visto l’eroina inciampare e cadere mentre la coppia scappa dagli inseguitori, e quante volte l’eroe è stato costretto a tornare indietro e aiutarla a rimettersi in piedi per portarla letteralmente fuori dal pericolo? (Bell-Metereau, 1986, p. 57)

In Alien:

 

Il diritto della donna ad assumere autorità non è nemmeno in discussione; autorità e potere sono ceduti alle persone a prescindere dal sesso, prendendo esclusivamente in considerazione la loro posizione e funzione. Il modo in cui il film dà per scontata l’assunzione di Ripley del comando, il suo diritto di dare ordini e dirigere anche gli uomini, evidenzia fortemente l’assenza di una problematica inaspettata. (Kavanaugh, 1990, p. 76)

 

Dopo aver scoperto la sessualità aliena, quindi, la donna cis-gender inizia la sua battaglia contro il mostro «appropriandosi di qualità tradizionalmente identificate con eroi uomini ma non maschilisti» (Newton, 1990, p. 84), sottolineando la duplice natura del film, che si mostra progressista in tema di uguaglianza ma fortemente ancorato alla mentalità rigida della società borghese anni Settanta. Curioso è come, verso la fine del lungometraggio, Ripley si ritrovi a combattere contro Mother, dea-cyborg che l’ha generata, quasi a sottolineare la volontà di debellare qualsiasi cosa non corrisponda all’apparente principio di mimesis (Haraway, 1991). La risultante è la creazione di un’opera “utopica”, capace cioè di esprimere la fantasia di una società in cui l’uguaglianza economica e sociale tra uomo e donna risulti sostanziale all’interno della classe media tardo-capitalista, ma anche angosciosa, in quanto la stessa fantasia evoca paura nei confronti del Femminismo come forza collettiva e radicale.

La scena dello scontro fra Ripley ed Ash è forse l’esempio più lampante di quanto appena detto. Nella colluttazione tra i due, causata dalla recente presa di potere di Ripley, Ash infila nella bocca di quest’ultima un giornale arrotolato dopo averla quasi uccisa, alludendo simbolicamente a uno stupro orale. L’atto di dominazione sessuale si pone come un tentativo di contrastare la sessualità confusa derivata dalla gravidanza aliena, riportando la donna a un ruolo di genere pre-femminista basato sull’oggettificazione della stessa (nella scena vengono inquadrate, tra l’altro, numerose fotografie di donne nude appese sulle pareti).

 

Alien (1979), inquadratura ritraente Ash con le fotografie in secondo piano.

 

La regia della sequenza sottolinea ulteriormente questo aspetto, inquadrando del sangue che cola dal naso di Ripley ancor prima che questo abbia ricevuto delle percosse. Dall’altra parte, Ash è ricoperto di una sostanza bianca e traslucida, estremamente simile allo sperma.

Lo scontro diventa allora un’allusione della lotta fra Femminismo e patriarcato, con quest’ultimo che vorrebbe riportare la donna al ruolo di madre in potenza e di feticcio sessuale, distruggendo la leadership appena conquistata dalla protagonista. Nel finale della scena, ci viene rivelata la natura androide di Ash, esplicitando l’impotenza che deriva dalla caduta del fallocentrismo – essendo una macchina, quest’ultimo non possiede un pene umano. Il giornale diventa quindi un simbolo di potere sessuale, necessario a riprendere il comando per ristabilire il patriarcato in un mondo in cui l’uomo è stato, secondo la visione maschilista, svirilizzato. Ripley riesce comunque a sconfiggere il cyborg, ma quest’ultimo, prima di perire, imbratta la stanza del liquido che lo ricopriva precedentemente, sottolineando la difficoltà nello sconfiggere questo tipo di cultura. 

 

Alien (1979), primissimo piano di Ash ricoperto dalla sostanza bianca e traslucida.

 

Nel finale del film, infatti, la protagonista – unica superstite della micro-società ospitata dal Nostromo – riesce a espellere l’alieno dalla navicella di salvataggio, finendo per vagare nelle profondità dello spazio. L’immagine che ci viene proposta è una citazione di Biancaneve2 nella versione prodotta dagli studi di Walt Disney (Newton, 1990). Come quest’ultima, la protagonista di Alien è rinchiusa all’interno di una teca, addormentata e in attesa di essere salvata. L’associazione con il personaggio disneyano riporta Ripley a uno status di riconoscimento sessuale determinato dalla sottomissione all’uomo, che si inquadra in compiti ben specifici (come quello di pulire, lavare la casa, prendersi cura della figura maschile) propri di una situazione pre-femminista. 

 

Biancaneve (1937), teca contenente la principessa. Alien (1979), Ripley ibernata nella capsula di salvataggio.

 

Il film si chiude così in una maniera circolare ma antitetica; dove infatti prima trovavamo una nascita, ora troviamo la morte. Nell’ultima sequenza viene quindi esplicitata tutta la paura dell’uomo nei confronti della seconda ondata del Femminismo, che vorrebbe raggiungere l’abolizione delle categorie binarie – tipiche dell’aristotelismo – in virtù di una più libera accettazione delle differenze necessaria a ottenere l’eliminazione dei ruoli di genere, determinando però, secondo la visione degli autori del film, uno stravolgimento sociale in grado di portare in prima istanza alla morte del nucleo famigliare, e poi alla distruzione dell’umanità tutta.

Come abbiamo visto, Alien si presta quindi a una duplice lettura riguardo quelli che sono i temi del Femminismo. La prima e più superficiale tra le due intende l’opera come un manifesto proprio del movimento, ed è sicuramente quella che di più ha concorso a consacrarlo come cult movie in virtù del suo essere uno spartiacque per quanto riguarda il ruolo della figura femminile all’interno della fantascienza cinematografica. La seconda lettura, sicuramente più complessa, ci pone invece la questione di una paura repressa tipica degli uomini di un’epoca, gli anni Settanta, di cui il film diventa una testimonianza precisa, capace di far riflettere – seppur inconsciamente – anche le generazioni contemporanee, ancora alle prese con gli stessi sostanziali problemi di allora.

 

VIDEO-BIBLIOGRAFIA GENERALE

Bibliografia

Bell-Metereau, R. (1986), Woman: the other alien in Alien, in Weedman, J.B. (a cura di), Women worldwalkers: new dimension of science fiction and fantasy, Texas Tech University Press, Lubbock.

Creed, B. (1993), The monstrous-feminine: film, feminism, psychoanalysis, Routhledge, Londra.

Curtoni, V. (2003), Prefazione, in Chiavini, R., Pizzo, G. F., Tetro, M., Il grande cinema di fantascienza: aspettando il monolito nero (1902-1967), Gremese Editore, Roma.

Haraway, D.J. (1991), Simians, Cyborgs and Women: The Reinvention of Nature, Routledge, Londra; trad. it. (2018), Manifesto cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo, Feltrinelli, Milano.

Kavanaugh, J.H. (1990), Feminism, humanism, and science in Alien, in Kunn, A. (a cura di), Alien zone: cultural theory and contemporary science fiction cinema, Verso, New York.

Newton, J. (1990), Feminism and anxiety in Alien, in Kunn, A. (a cura di), Alien zone: cultural theory and contemporary science fiction cinema, Verso, New York.

Paraire, P. (1996), Il grande cinema di Hollywood, Gremese Editore, Roma.

Taubin A. (1993), The Alien trilogy: from feminism to AIDS, in Cook, P., Dodd, P. (a cura di), Women and film: a sight and sound reader, Temple University Press, Filadelfia.

Vandermeer, A., Vandermeer, J. (a cura di) (2018), Le visionarie. Fantascienza, fantasy e femminismo: un’antologia, Nero, Roma.

Videografia

Disney, W. (1937), Biancaneve e i sette nani, USA.

Méliès, G. (1902), Viaggio nella Luna, Francia.

Scott, R. (1979), Alien, USA/UK.

 

Didascalie immagini

– Fig. 1: Ridley Scott, Alien, 1979. Courtesy of The Walt Disney Company.

– Fig. 2: Ridley Scott, Alien, 1979. Courtesy of The Walt Disney Company.

– Fig. 3. Ridley Scott, Alien, 1979. Courtesy of The Walt Disney Company.

– Fig. 4: Vagina Drawing. Courtesy of JACOPIN/ BSIP/ SCIENCE PHOTO LIBRARY.

– Fig. 5: Michael Ludwig, Facehugger, 2018. Courtesy of Michael Ludwig. Originally designed by H.R. Giger and build by Roger Dickens for the original Alien (1979).

– Fig. 6: Ridley Scott, Alien, 1979. Courtesy of The Walt Disney Company.

– Fig. 7: Ridley Scott, Alien, 1979. Courtesy of The Walt Disney Company.

– Fig. 8: Ridley Scott, Alien, 1979. Courtesy of The Walt Disney Company.

– Fig. 9: Ridley Scott, Alien, 1979. Courtesy of The Walt Disney Company.

– Fig. 10: David Hand, Snow White and the Seven Dwarfs, 1937. Courtesy of The Walt Disney Company.

– Fig. 11: Ridley Scott, Alien, 1979. Courtesy of The Walt Disney Company.

– Cover: Auralgasm, Sexy Alien Xenomorph, 2020. Courtesy of Auralgasm.

 

Biografia

Daniele Falchi è un giovane artista, critico e curatore che focalizza la propria ricerca nel campo del cinema e della media art. Ha completato il suo percorso di studi in RUFA – Rome University of Fine Arts, dove ha continuato ad insegnare in qualità di cultore della materia. È docente di “Elementi di Produzione Video” e “Digital Video” presso la DAM Academy di Roma. Dal 2019 collabora con Dancity Festival organizzando talk, mostre e incontri sulla cultura contemporanea. Nel 2020 ha partecipato al Romaeuropa Festival con l’installazione “THE POST-FUTURIST CAVE”, nell’ambito della rassegna Digitalive. La sua ultima pubblicazione, “Techno-menadi. Dal mondo classico all’Occidente contemporaneo” è contenuta all’interno di “L’Elettronica è Donna. Media, corpi, pratiche transfemministe e queer“, edito da Castelvecchi Editore nel 2022.